UN’IMMAGINE DAL PASSATO

Immobile e seduto
nel mezzo di un giardino
tra i fuochi dell’estate
provo a placare il mio respiro,
ma il mio cuore non può non preoccuparsi.
Preoccuparsi di cosa?
 
Il battito accelerato,
velato da calma apparente,
è un pizzico di dolore
che punge il mio cammino nella vita.
Uno spasmo,
un’innervazione che attenua i sensi
e mi rende vulnerabile.
Silenziosamente.
 
La causa mi è ignota,
o forse no,
si nasconde alla mia vista,
ai miei pensieri
che ancor si arrestano dinnanzi al buio,
al cieco vicolo della ricerca,
al desiderio di conoscere
o, forse, solo di occultare.
Per fortuna sono solo.
 
L’attesa è interminabile, cosa sto aspettando?
L’incertezza tace
e con essa ogni via di fuga,
ogni senso del reale.
 
I miei occhi, lenti,
fissano due foglie,
costrette ad abbracciarsi
aspettano immobili quel soffio,
che le riunisce per un breve istante,
poi ancora lì, sospese ad ascoltar se stesse;
ad osservare quel bambino,
che ingenuo sorride al mondo,
con lo sguardo distratto
e la sicurezza di chi è sopravvissuto.
Quel bambino che, ora,
coi vestiti un po’ più grandi
e il cuore un po’ più stanco,
sfoglia il tempo
e ritrova la tenera immagine di se stesso
e dei suoi grandi occhi neri.
FABRIZIO CELLI, ROMA 27 AGOSTO 2012